La condanna (film 1991)

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La condanna
Vittorio Mezzogiorno in una scena del film
Titolo originaleLa condanna
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1991
Durata92 min
Generedrammatico
RegiaMarco Bellocchio
SoggettoMarco Bellocchio, Massimo Fagioli
SceneggiaturaMarco Bellocchio, Massimo Fagioli
ProduttorePietro Valsecchi
Casa di produzioneTaodue Film, Cineuropa' 92, Istituto Luce
Distribuzione in italianoIstituto Luce, Rai - Radiotelevisione Italiana
FotografiaGiuseppe Lanci
MontaggioMirco Garrone
MusicheCarlo Crivelli
ScenografiaGiantito Burchiellaro
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

La condanna è un film del 1991 diretto da Marco Bellocchio con Vittorio Mezzogiorno. Vincitore dell'Orso d'argento al Festival di Berlino 1991.

Durante una visita al museo della Villa Farnese di Caprarola, la studentessa Sandra si smarrisce, rimanendo chiusa dentro il labirintico palazzo. Mentre scende la sera si sofferma a guardare un quadro di Leonardo da Vinci, "La Madonna Litta". Alle sue spalle si avvicina uno sconosciuto, che si rivelerà poi essere l'architetto Lorenzo Colajanni. L'uomo raggiunge Sandra, fuggita in una cisterna, poi ritornano nelle varie sale: lui l'aggredisce, lei fugge, e infine gli si offre nuda sul letto a baldacchino nella stessa posa della Maja desnuda di Goya. Lui la possiede non senza averle fatto prima un lungo discorso sulla bellezza alla quale bisogna infondere il movimento e la vita: "Io ti amo, poi distruggerò il quadro di Goya: poi tu mi farai a pezzi come si fanno a pezzi le statue". Il mattino dopo entrambi si sveglieranno nel palazzo, dal quale Lorenzo propone di uscire, essendo in possesso delle chiavi. Ciò verrà percepito da Sandra come un raggiro, e la spingerà a sporgere denuncia contro di lui. Nell'aula di un tribunale l'architetto Colajanni viene accusato di sequestro di persona e stupro, tuttavia lui nega. Alla fine la ragazza cederà ammettendo di essersi in ultima istanza concessa di sua volontà allo sconosciuto. Il pubblico ministero Malatesta, ottenuta la condanna di Colaianni, entra in una crisi matrimoniale con la moglie, la quale lo accusa di non soddisfarla sessualmente. Finisce così in un turbine di confusione, dopo una serie di confronti con Sandra, la quale gli lancerà una torta in faccia in segno di disprezzo, e con l'ormai condannato Lorenzo. Trovandosi sedotto e provocato da una contadina intenta alla mietitura, Malatesta rifiuta vigorosamente ogni avance, ripensando e appellandosi alla violenza dalla quale ha difeso la giovane Sandra. La moglie, Monica, dopo averlo lasciato, decide di tornare da lui, ritrovandosi però nella stessa noia quotidiana di prima, a cui ora aggiunge un vero disprezzo verso l'uomo. La vita di Malatesta ne esce irrimediabilmente stravolta.

Il film è stato girato in esterni a Caprarola (VT) a Palazzo Farnese e in studio a Roma nell'estate del 1990.

Palazzo Farnese a Caprarola (VT), luogo delle riprese

Riconoscimenti

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1991 - Festival di Berlino

La condanna è stato al centro di aspre polemiche sui giornali, che arrivarono fino alla condanna mediatica di apologia di stupro[1]. In difesa del film intervennero sia il regista, Marco Bellocchio[2], che l'autore del soggetto e della sceneggiatura, Massimo Fagioli[3].

Chiara Tognolotti, in occasione del Premio Fiesole ai maestri del cinema dell'estate 2000[4], nella scheda dedicata al film ha scritto che con La condanna Bellocchio «torna al genere del film pamphlet che aveva già affrontato anni prima, con Sbatti il mostro in prima pagina». Come il caso di cronaca nera riguardante l'omicidio di Milena Sutter servì a «dare una lettura complessiva di quella politica e di quella società, (...) la violenza subita dalla studentessa della Condanna è il pretesto per un'indagine sulla complessità dei rapporti tra uomo e donna, tra sottomissione e violenza, libertà e costrizione».[5]

Lietta Tornabuoni a suo tempo riportò citandola la tesi di Bellocchio e Fagioli definendola per altro «discutibile e rischiosa»: «(...) se ogni violenza sulle donne dev'essere duramente condannata dalla legge, il "violentatore" non è in realtà un violentatore, ma anzi l'uomo "ideale" che ogni donna nel suo intimo cerca, l'uomo che non distrugge l'identità di una donna, ma suscitandone il desiderio non lo delude e perciò le permette di "nascere", di potenziare la propria identità». La scrittrice è critica rispetto alla collaborazione tra Fagioli e Bellocchio valutando il film, che definisce a tesi, «un'illustrazione troppo semplificata per il pubblico colto e troppo lambiccata per il pubblico incolto, senza che la materia ideologica sia filtrata dalla narrazione».[6]

  1. ^ Carol Beebe Tarantelli, Macché fantasia così si giustifica lo stupro, in l'Unità, 12 marzo 1991. URL consultato il 18 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 12 giugno 2018).
  2. ^ Enrico D'Onofrio, Assolta “la Condanna”. “È un film sulla seduzione”, in Gazzetta di Firenze, 1º marzo 1991. URL consultato il 18 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
  3. ^ Massimo Fagioli, Ma il potere sull’inconscio non è stupro, in l'Unità, 14 marzo 1991. URL consultato il 18 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
  4. ^ Redazione, Premio Fiesole con Marco Bellocchio, in Nove da Firenze, 26 giugno 2000. URL consultato il 28 febbraio 2000.
  5. ^ Chiara Tognolotti, La condanna, in Marco Bellocchio La passione della ricerca, Fiesole, Premio Fiesole ai Maestri del cinema, luglio 2000, pp. 84-85.
  6. ^ Lietta Tornabuoni, '91 al cinema, Einaudi Tascabili, n. 76, Torino, Giulio Einaudi editore, Novembre 1991, pp. 133-134, ISBN 88-06-12791-8.

Collegamenti esterni

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